Goffredo Rosati - Simbolo e allegoria nell’arte del Medioevo
Tutta la cucitura e la spiritualità medievali riconoscono nel simbolismo e nell’allegorismo i fondamentali schemi espressivi della concezione generale del inondo, terreno e ultraterreno : nel Medioevo l’unità di vita e di fede non presenta soluzioni di continuità e tra la fede e la vita simbolo allegoria si inquadrano coerentemente.
È saldissima cioè l’unità spirituale del mondo cristiano, per la quale Arte, Scienza e Filosofia sono tutte figlie dell’unico Dio e si esprimono con parole che hanno ciascuna un significato particolare ma pure cospirano nel loro insieme a un’armonia superiore. Pur nell'univoco atteggiamento spirituale simbolismo e allegorismo si concretano in forme che presentano grandi diversità tra di loro. Occorre innanzi tutto distinguere il simbolismo dei primi secoli del Cristianesimo dall’allegorismo romanico e gotico, strettamente collegato con la cucitura della Scolastica. Il simbolismo paleocristiano del quale si è già parlato a parte, esprime un che di naturale e di gioioso quasi che l'annuncio escatologico la persecuzione stessa e il martino fossero null’altro che l’invito a una prossima felicità. A questo carattere idillico e semplice del simbolismo paleocristiano va riportata anche la maggior fortuna della parabola nei confronti dell’allegoria propriamente detta: perché la parabola è più legata ad un esempio specifico e verosimile (il buon pastore o i lavoratori della vigna) mentre l’allegoria si basa su di una generalizzazione razionale o quanto meno intellettuale (...) L’interesse per l’allegoria si palesa assai presto. Tra il simbolo e l’allegoria stanno le innumerevoli figurazioni del Buon Pastore (Cimitero di Callisto, III sec. ; cimitero il Pretestato, fine del III sec.; cimitero di Domitilla, IV sec. ; statue e sarcofagi del Musso Cristiano Lateranense); ovvero del Cristo pastore d’anime (Ravenna, Mausoleo di Galla Piacidia); delle colombe, dei pavoni, dei cervi che si abbeverano alla fonte o al vaso della vita; della nave o dell'ancora, o della nave con il faro che rappresenta il viaggio verso la salvezza o la salvezza raggiunta. Spiccatamente allegoriche sono le figurazioni in cui l’agnello perde il valore mistico di simbolo divino ed acquista diverso significato come nella coperta di Evangeliario nel tesoro dei Duomo di Milano (V sec.) o nella scena di Susanna insidiata dai vecchioni rappresentata come agnella tra i lupi (Roma, cimitero di Pretestato, metà del IV sec.) oppure può significare gli Apostoli (…) Allegorizzazioni più interessanti sono anche quelle che riguardano miti classici considerati rispondenti, per il loro carattere di mistero, di salvezza, di resurrezione, alle nuove idealità cristiane. In particolare il mito di Orfeo ripreso in diverse redazioni (cimitero di Domitilla, 1V sec.) e sotto forma di Buon Pastore (cimitero di Callisto, ecc.), ovvero quello di Amore Psiche : credenze nell’eternità dell’anima e nella redenzione (cimitero di Domitilla) (…)
Nel mondo occidentale, dopo la parentesi dell’età barbarica che produce quasi solo figurazioni simboliche (ad es. transenne della Collegiata di Cividale e del Duomo di Modena), dal secolo VIII IX in poi, nel clima di rinnovato fervore artistico della civiltà carolingia, il gusto dell’allegoria riprende un corso ben definito, aderendo ad una realtà spirituale che lo sosterrà fino alle soglie del Rinascimento.
Compaiono ora anche figurazioni di soggetto non strettamente religioso, ma in relazione agli insegnamenti religiosi com'è nel caso delle personificazioni delle Virtù (Bibbia di Carlo il Calvo, Scuola di Tours c. 845 853).
Analogo senso hanno le allegorie della Saggezza che sotto forma di David affiancato dalle personificazioni della Sophia e della Prophetia troviamo in miniature del X secolo (Salterio della Bibl. Vat.). Profeti e Sibille saranno in seguito le specifiche figurazioni di mediazione.
Altre rappresentazioni allegoriche riguardano le Arti Liberali e specialmente la Musica, che compare di frequente nei salteri con David che custodisce il gregge, circondato dalle personificazioni della Melodia, dell’Eco e della Montagna di Betlem (…).
Un gruppo assai numeroso è quello delle figurazioni riferentisi agli elementi naturali, alle vicende del tempo ai segni zodiacali. Le rappresentazioni più frequenti sono quelle della terra e dell’acqua, del sole e della luna, in relazione essenzialmente alle scene di Crocifissione, o per l’acqua del battesimo di Cristo (…).
A così varia fioritura di temi allegorici nell’età carolingia. che testimonia appunto della libera e fervida fantasia degli artisti di quel tempo, segue, dal secolo XI, il consolidarsi di una iconografia specifica e più chiaramente individuabile. Questa tendenza alla codificazione iconografica è maggiormente avvertibile nel caso di allegorie dottrinali, cioè di figurazioni connesse almeno nella intenzione, con problemi di teologia, di organizzazione ecclesiastica di metodologia e storia della e Chiesa.
Tra i temi delle allegorie dottrinali sono in primo luogo le personificazioni della Chiesa e della Sinagoga, come la Mater Ecclesia di un Exultet da Montecassino (fine sec. XI), o la complessa Ecclesia, con angeli che lottano contro i demoni, nell’Hortus deliciarum (Parigi, Bibl. Nat.).
Tra le allegorie ascetiche. ricordiamo la Scala del Paradiso di S. Giovanni Climaco, miniatura dei secoli XI-XII (Roma, Bibl. Vat.). Altro motivo allegorico a carattere dottrinario e mistico che ha avuto grandi sviluppi è quello dell’albero. Come Albero della Croce lo troviamo nel mosaico absidale di S. Clemente a Roma (sec. XII); diventa Albero della Vita secondo S. Bonaventura, che collega in uno schema particolare gli episodi della vita di Gesù (affresco del 1347 a Bergamo, S. Maria Maggiore; pala di Pacino di Buonaguida nella Gall. dell’Acc. a Firenze; si caratterizza sia come albero genealogico (Albero di Jesse, B. Antelami, stipiti del portale del Battistero di Parma; Salterio della regina Ingeburga, inizi sec. XIII, Chantilly; affreschi cavailiniani nel Duomo di Napoli; rilievi del Maitani sulla facciata del Duomo di Orvieto) sia come allegoria della vita (B. Antelami). Lo stesso motivo si sviluppa poi nell’albero genealogico dell’ordine francescano, nell’affresco di Taddeo Gaddi nel Refettorio di S. Croce a Firenze (…). Le allegorie dottrinali raggiungono comunque il loro massimo sviluppo nei grandi cicli comprendenti tutti gli elementi del sapere teologico, morale, letterario. Ne ricordiamo almeno tre il primo, l’Arca di S. Pietro Martire, di Giovanni di Balduccio, in S. Eustorgio a Milano (1336 1339) : ai pilastri sono appoggiate le personificazioni delle Virtù Teologali e Cardinali, completando la serie con l'Obbedienza. Il secondo, l’affresco di Piero di Puccio nel e Camposanto di Pisa (1390), con l'Universo sorretto dal Verbo; al centro è la Terra, circondata dai cerchi concentrici dei quattro elementi, poi dai sette pianeti, infine dalle nove gerarchie Celesti. Il terzo ciclo dottrinale più completo del Medioevo è quello di Andrea da Firenze nel Capellone degli Spagnoli in S. Maria Novella a Firenze (1370 circa), vera enciclopedia scolastica figurativa del dottissimo ordine domenicano.
Appare ben evidente lo stretto concatenamento che si istituisce in questi cicli tra le varie allegorie che trovano tutte un loro posto nella visione di una concezione generale del mondo ordinata sistematicamente: al centro di essa è l’elemento più spiccatamente dottrinale e intorno, a questo connessi, con le rispettive funzioni e perfino ai rispettivi livelli gerarchici gli elementi non dottrinali ma che pur rappresentano i vari modi con coi la dottrina religiosa si manifesta e si attua nella murale, nella cultura e nella vita pratica.
L’ordine francescano ha una parte molto attiva nell’indirizzare allegoria e personificazione verso forme devozionali, tali da suscitare un’immediatezza sentimentale. Gli esempi più cospicui sono dati dal Maestro delle Vele di Assisi, con le allegorie dei Voti dell’Ordine: Povertà Castità e Obbedienza. Particolarmente belle le mistiche nozze di S. Francesco con la Povertà e la Castità nel castello turrito, difesa dalla Purezza (Munditia) e dalla Fortezza, mentre Cupido bendato e l'Ardore sono cacciati dalla Morte e dalla Penitenza. Al medesimo clima spirituale appartengono gli affreschi di Giotto nella Cappella Bardi in S. Croce a Firenze e lo Sposalizio di S. Francesco con la Povertà (pala di Borgo S. Sepolcro, prima metà sec. XIV, Chantilly, Mus. Coudé); mentre a precedente nel campo guerresco e fantasioso possiamo ricordare il Castello della Fede del Salterio di Peterborough (metà del sec. XIII; Bruxelles, Bibl. Reale).
Passiamo ora in rassegna i principali temi allegorici che più frequentemente ricorrono nell’arte medievale. Le personificazioni delle Virtù e dei Vizi sono tra le più diffuse : oltre le Virtù Teologali (Fede, Speranza, Carità) e Cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza) che riflettono direttamente le concezioni dottrinarie dell’attuazione del precetto divino, troviamo pure tutta una costellazione di qualità spirituali minori.
Tra i più interessanti cicli di figurazioni di Virtù ricordiamo l’acquasantiera di S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia, di Giovanni Pisano, la porta bronzea di Andrea Pisano per il Battistero di Firenze, con l’umiltà che completa il ciclo delle Virtù; le formelle marmoree, sempre di Andrea Pisano, per il Campanile di Firenze (le sette Virtù più la Concordia); tematicamente interessante una miniatura italiana del Trecento, che presenta le Virtù sotto il manto della Teologia (Parigi, Bibl. Nat.) (…).
Più complesse figurazioni sul tema delle Virtù sono quelle a carattere narrativo nei litostrati di S. Michele a Pavia e del Duomo di Cremona e nel portico di S. Martino a Lucca viene raffigurato Teseo che uccide il Minotauro nel citato sepolcro di Clemente II a Bamberga, la Fortezza è simboleggiata da Sansone che uccide il leone; nel Battistero di Pisa, Nicola Pisano rappresenta invece Ercole. Esempio tipico di questo processo di allegoricamente di motivi mitologici è dato dai due noti rilievi marmorei di S. Marco a Venezia: uno, antico (III sec. D. C.), rappresenta Ercole che porta il cinghiale d'Erimanto; l'altro, del secolo XIII direttamente esemplato sul precedente (un uomo che calpesta un drago e porta tra le braccia un cervo) è inteso come allegoria della Salvezza (…).
Dal concetto astratto delle Virtù, l’allegorismo passa in breve a trattare dell’applicazione pratica di esse nella vita quotidiana e nel lavoro, accettato come dovere morale. Rientrano in questo ambito le allegorie dei Mesi, simboleggiati dai lavori agricoli che in essi si svolgono; conte quelle delle Stagioni, queste allegorie hanno anche un altro significato ammonitore: con il loro continuo e ciclico ritornare, Mesi e Stagioni impongono il problema di un valore assoluto del tempo, valore che non può trovarsi che in Dio. (…)
Valore analogo a quello delle figurazioni delle occupazioni manuali, nei Mesi, hanno le allegorie delle Arti Liberali, la cui tematica deriva dal De Nuptiis di Marciano Capella e che costituiscono il paradigma ideale degli studi della scienza e della poetica del Medioevo.. Personificazioni specifiche delle Arti Liberali sono quelle di Nicola Pisano nel pilastro centrale del pulpito del Duomo di Siena e in alcune formelle della Fontana Maggiore a Perugia. Un interesse particolare, dovuto anche alle esigenze e alla pratica della liturgia, si ha per la musica : citiamo un capitello del Campanile del Duomo di Modena, con David, la Musica e la Danza (1170) (…). Anche le età della vita sono spesso allegorizzate, per lo più in relazione ai cicli astronomici. È ancora Antelani che ce ne dà una bella redazione (Battistero di Parma), in rapporto con la parabola evangelica dei lavoratori della vigna e con i pianeti; qualche decennio più tardi, negli affreschi della cripta della Cattedrale di Anagni, le quattro età della vita sono presentate in relazione con le stagioni, i quattro elementi e i quattro temperamenti, secondo lo schema della Mundi Contaminatio, tratto dal Timeo di Platone (…)
Tra i temi più originali e fantasiosi è, nel tardo Medioevo, quello del Trionfo della Morte, e spesso inserita nei Trionfi della Morte (a Subiaco e a Pisa) è la leggenda dei tre vivi e dei tre morti.